25 settembre 2014

Il mio passaggio negli USA


Varcare la frontiera degli Stati Uniti è sempre un’esperienza dall’atmosfera surreale, quasi mistica, che avvicina alla comprensione del concetto di eternità. Eternità è infatti il lasso di tempo che si impiega ad espletare le formalità burocratiche di immigrazione e dogana, anche se si è solo in transito in aeroporto diretti verso un altro Paese.
La burocrazia inizia ancora prima di partire con la richiesta (e relativo pagamento) di un'autorizzazione "semplificata" rispetto al visto vero e proprio. Il modulo è generosamente offerto in varie lingue tra cui l’italiano.

Ottenuta l’autorizzazione si può partire; qui di seguito alcune delle simpatiche domande cui si deve rispondere.



 
                             

Così ha inizio il mio viaggio. Una volta giunta in aeroporto mi accodo pazientemente all’infinita fila di persone: indipendentemente dal fatto che si stia entrando negli USA per rimanervi per sempre, per un mese oppure solo transitando verso un altro volo la fila è unica! Giunta al momento cruciale del controllo del passaporto, esaurita ed innervosita, vengo intimidita dai poliziotti che mentre scannerizzano le impronte digitali chiedono “hai con te delle armi?” Minchia! Ma pensano che in Europa controlli del genere non li facciano? Evidentemente non si fidano del lassismo europeo (e peggio che mai di quello italiano), oppure devono tutelare i prodotti nazionali e quindi si accertano che qualora un turista abbia bisogno di un arma, non se la sia portata da casa ma ne compri una di produzione americana. Non è comunque comunque consigliabile rispondere "se mi dovesse servire la compro qui al supermercato".
Superato il controllo passaporti devo ritirare il bagaglio ed espletare la procedura doganale dichiarando che non sto immettendo nel Paese beni o somme superiori a $ 10.000, che non  sto importando piante e semi, che non mi dedico al narcotraffico e che ovviamente non  ho armi (meglio essere sicuri). Quindi visto che ero solo in transito mi preparo a imbarcare nuovamente il bagaglio su un aereo che nel frattempo è già decollato e mi sottopongo alla procedura di uscita dal Paese.
Di nuovo in coda. Questa volta ci si deve anche togliere le scarpe per passarle ai raggi X insieme al bagaglio a mano; quindi, scalza e con il passaporto in mano, entro in un metal detector che sembra una macchina per la panoramica dentale in cui si deve rimanere fermi con le braccia alzate in attesa della scansione. Se vi sembra che non vada bene tenere il passaporto in mano in questo frangente non so cosa dirvi di fare, ma non mettetelo in tasca! Il passaporto in tasca innervosisce e allarma i poliziotti e fa scattare un altro misterioso controllo che pare simile ad una pulizia delle mani con una salvietta, ma chissà di quale diavoleria si tratta.
Perplessa e incazzata, confusa e felice, alla fine sono riuscita ad entrare e uscire dagli Stati Uniti e giungere in Canada. Lì l’accoglienza è stata di tutt’altro genere, i canadesi sono molto più rilassati e i controlli di dogana e immigrazione meno burocratici e intimidatori; il poliziotto al posto di controllo dei passaporti, dopo aver amichevolmente chiesto cosa avremmo visitato ha liquidato la pratica con un sorriso e un “hi guys, have good time in Canada”.


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Stupidario da ufficio
 (link-fai-da-te by Mira Queen)

3 commenti:

  1. Anonimo25/9/14

    A me questa volta hanno fatto addirittura un controllo aggiuntivo, ovvero vengono scelte delle persone campione al gate di origine (nel mio caso quello dell'aeroporto di Francoforte) e vengono fatti aprire borse e bagagli a mano... cosí, per dire. Saluti da Detroit.

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  2. Vedi?!? Sei sempre fortunato, tu.

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  3. U.S.A. questo paese lancia le bombe "intelligenti" LOL :-(
    tanti cari saluti !

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