27 maggio 2014

Come sarebbe stato se...


Non so se questo genere di pensieri capiti a tutti, ma a volte mi trovo a riflettere su come sarebbe andata la mia vita se avessi compiuto scelte diverse o si fossero verificate altre coincidenze e condizioni rispetto a quelle che mi sono capitate (non dipendenti da me).
Ad esempio se fossi vissuta in un’altra città o anche solo in un altro quartiere, se avessi avuto nonni e cugini vicini o, al contrario, ancora più lontani e non li avessi quasi conosciuti, se avessi cambiato città o Paese di residenza… e cose del genere. In particolare questi pensieri li associo alla mia “carriera” scolastica perché so di non aver scelto il tipo di studi che faceva per me, però alcune amicizie e frequentazioni fondamentali della mia vita hanno avuto lontane radici nel mio vissuto scolastico.
La cosa più semplice da dire (oltre ovviamente ad evitare di porsi simili interrogativi) potrebbe essere che “se era destino, certe persone le avrei incontrate e in determinate situazioni mi sarei trovata comunque” ma io non credo molto al destino, nel senso di percorso predeterminato (da chi poi?), penso piuttosto che l’indole, l’essenza di un individuo porti più o meno consapevolmente sempre verso una direzione. Se le persone hanno un’affinità, prima o poi si incontrano e si riconoscono per una sorta di selezione naturale e sia che si cresca insieme, sia che ci si incontri per caso bastano uno sguardo o una parola per rivelare l’empatia: i migliori amici non sono forse quelli che capiscono cosa intendete ancora prima che lo diciate? Quando si perdono i contatti si dice che sono stati “i fatti della vita” ad allontanarci, ma in realtà è perché quella affinità che ci legava si è esaurita.
Racconto un paio di episodi buffi per rendere l’esempio di come, a volte, da un fatto banale nasca un’amicizia.

N. 1 Stampelle
Alcuni anni fa arrivò in ufficio una giovane collega neoassunta, vestita di nero ma tutt’altro che formale e subito pensai “questa è dei nostri” perché anch’io mi ero presentata il primo giorno di lavoro con un simile look, poi notai che si appoggiava a una stampella e ciò mi fece ridere. Pochi giorni dopo le spiegai il perchè e le raccontai di una serata in cui, nel corso di un gioco, io disegnavo e i miei amici, cercando di indovinare, spararono spropositi di ogni genere fino a che, alla parola "stampella" non riuscii più a contenere le risate ed esplosi in una crisi di riso da convulsioni. Poi le dissi anche che da allora quella parola mi faceva ridere persino in situazioni serie. (per fortuna lei non aveva niente di grave)
Invece di prendermi per pazza mi prese in simpatia e diventammo amiche.

N. 2 Lamette
Tanti anni fa mi capitò di andare in discoteca con gli amici in una serata in cui avevo l'umore  particolarmente nero (capitava spesso); stavo rimuginando sui fatti miei mentre gli altri della compagnia si divertivano, quando il dj che animava il locale annunciò con enfasi ed eccessivo entusiasmo che a breve ci sarebbe stata “una grande sorpresa”. Accanto a me sedeva evidentemente altrettanto assorto in pensieri cupi il ragazzo (forse già ex) di una mia amica – tipo con cui non ero particolarmente in confidenza - il quale si girò verso di me e mestamente disse: “sì, la distribuzione delle lamette”. Quella frase rivelò una persona che non conoscevo ma che si trovava in sintonia con me e iniziammo una lunga conversazione sulle nostre reciproche disavventure sentimentali ed esistenziali che ci fece diventare amici.


 
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La seconda settimana di scuola
Vecchi scritti e aforismi
(link-fai-da-te by Mira Queen)

1 commento:

  1. Mi chiedo spesso da dove giungano certi nostri modi di dire. Questo era uno di quelli. Mi restano dubbi a proposito del tizio...

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